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Tags » ‘agile project management’

Scrum applicato in azienda: il concetto di Velocity di un team agile

February 1st, 2021 by

Riprendo un concetto fondamentale già spiegato in un articolo precedente e lo ripropongo in un breve video di 5′. Buona visione!

AgilePM (e Scrum) applicato in azienda: l’assegnazione dei ruoli

December 9th, 2020 by

Ho ripreso lo stesso spunto del video precedente e ho registrato questa spiegazione (7′) di come assegnare i ruoli di AgilePM (e di conseguenza i ruoli di Scrum), in una struttura organizzativa gerarchica tradizionale. Buona visione!

Scrum applicato in azienda: i ruoli

November 3rd, 2020 by

Prendendo spunto da una attività che mi trovo a fare spesso in azienda, ho registrato questo breve video (10′) per fornire uno spunto su come applicare Scrum, che nasce con un’organizzazione piatta, ai progetti di una struttura organizzativa gerarchica tradizionale. Buona visione!

Sul concetto di Velocity di un team agile

April 8th, 2020 by

Chi ha familiarità con le modalità di lavoro agile e i suoi vari framework di riferimento, dovrebbe aver sentito parlare del concetto di Velocity, che è la principale metrica di riferimento che viene utilizzata per misurare quanto lavoro un team di sviluppo può completare con successo nel corso di un intervallo di tempo fisso detto Sprint. Ma sappiamo cosa significa davvero misurare la Velocity di un team?

Il termine, per assonanza, tende a essere sempre tradotto con “velocità” per cui la metrica nella percezione comune diventa la “velocità del team e la sensazione è che il team debba ricercare la propria efficienza, che però per il modo di pensare agile è un controsenso.

In un contesto di lavoro agile infatti, quale per esempio Scrum, quello che importa non è tanto l’efficienza del team quanto la sua capacità di permettere al proprio cliente, in Scrum rappresentato dal ruolo del Product Onwer, di ottenere i risultati che creano valore per il cliente stesso.

Questi risultati che creano  valore in inglese sono detti Outcome e infatti si dice che le metriche per misurare un team agile devono essere Outcome based.

Per fare un esempio semplice ma efficace del concetto appena espresso, in un contesto agile a nessuno importa quanto un team sia efficiente a piantare chiodi o ad avvitare viti, quello che importa è la capacità di appendere quadri nel modo desiderato dal proprio Product Owner entro un tempo ragionevole previsto dal team e utile al Product Owner.

Siamo allora sicuri che “velocità” sia la traduzione corretta per il termine Velocity? Anche perché chiunque conosca un inglese anche elementare sa che normalmente “velocità” si traduce con “speed”. E quindi?

La spiegazione sta in un’altra delle mie passioni sportive, la barca a vela. Perché la parola Velocity in realtà è un termine nautico con un significato ben preciso e tutto mi fa pensare che chi ha adottato questo termine per i team agili abbia voluto utilizzare una metafora sportiva e in particolare velica, che però è risultata talmente sottile che quasi nessuno la ha colta.

La velocità di una barca a vela si misura con due grandezze: la velocità propria della barca nell’acqua (Speed Through Water – STW) che è quella che si percepisce navigando e la velocità effettiva sulla superficie terrestre (Speed Over Ground – SOG) che è quella che ci dice quanto la barca di sta effettivamente spostando. Senza qui addentrarsi in spiegazioni tecniche, le due velocità sono correlate ma non sono quasi mai uguali per via delle dinamiche dell’acqua. Sempre per fare un esempio semplice, si pensi a una barca che naviga contro corrente in un fiume dove c’è una corrente pari alla velocità della barca stessa; la STW sarà positiva, la barca rispetto all’acqua si muove, la SOG sarà nulla, rispetto alla superficie terrestre la barca è ferma.

La STW ci dice quanto rapidamente la barca si muove sull’acqua, quindi ci da un’indicazione di quanto è efficiente il moto della barca, la SOG ci dice quanto rapidamente la barca si muove sulla superfice terrestre, quindi ci da un’indicazione di quanto è efficace il moto della barca. Da notare che entrambe in inglese sono Speed, nessuna delle due è Velocity, che è un concetto ancora diverso. Cosa è la Velocity allora?

Nel disegno ho riportato una spiegazione un po’ semplificata del concetto velico di Velocity.

Una barca non può muoversi contro vento, al massimo può tenere un angolo di circa 45° rispetto alla direzione del vento. Se si vuole quindi raggiungere un obiettivo che sta controvento, occorre bordeggiare, ovvero ‘zigzagare’ come in figura con angoli di 45° rispetto alla direzione del vento e così facendo ci si avvicinerà al punto obiettivo. Quello che ci interessa non è né la STW, né la SOG ma la velocità con cui la barca si avvicina al punto obiettivo, che in inglese viene chiamata appunto Velocity Made good on Course (VMC), che è la componente della SOG che ci sta avvicinando al punto obiettivo.

Quindi il sottinteso di chi ha scelto il termine Velocity è che il team deve misurare la propria capacità relativa di avvicinarsi al punto obiettivo (che fuori di metafora è il risultato che crea valore per il Product Owner) e non tanto la propria efficienza di azione intrinseca (Speed Through Water – STW) ma nemmeno la propria efficacia assoluta (Speed Over Ground – SOG), perché per raggiungere l’obiettivo del Product Owner il team deve saper combinare la propria efficienza ed efficacia con una strategia che permetta di impiegare al meglio gli elementi propulsivi disponibili (il vento) per riuscire a raggiungere l’obiettivo nel tempo più breve possibile, ma senza compromettere il risultato. E chi ha esperienza di navigazione a vela sa bene che questa strategia di impiego degli elementi propulsivi disponibili è l’elemento che fa la differenza tra un buon velista e un principiante ed è più decisiva e importante rispetto a efficienza ed efficacia del mezzo, perché se si sbaglia il percorso o non si capisce come gira il vento e si finisce controvento, la barca si ferma.

Fuori dalla metafora velica, si usa quindi il termine Velocity perché non importa quanto il team agile sia efficiente e nemmeno quanto sia efficace, ma quanto sia complessivamente abile nel progredire il più rapidamente possibile verso gli obiettivi che creano valore per il cliente.

Organizzazione personale con GTD® integrata alla gestione dei progetti con PRINCE2®

February 10th, 2019 by

Utilizzo ormai da qualche anno il metodo GTD – Getting Things Done – per la mia organizzazione personale ed è uno degli strumenti che più mi ha permesso di dare ordine alla mia vita personale e professionale. Per questo ho fatto anche molte riflessioni per riuscire a integrarlo sempre più con PRINCE2 che è da ormai molti anni la mia metodologia di riferimento per la gestione dei progetti aziendali.

Uno degli aspetti che accomuna tutte le metodologie moderne di management, quale che sia il loro campo di applicazione, è l’enfasi sulla necessità di mettere bene a fuoco per ciascuna iniziativa intrapresa quelli che sono i risultati finali (outcome in inglese) e i benefici attesi in termini di valore generato. Ritroviamo concetti simili in PRINCE2 e GTD, ma anche per esempio in AgilePM, ITIL, Praxis Framework, Scrum e, pur se in modo più sfumato, in PMBoK.

Nel corso GTD Mastering Workflow level 2 viene approfondita la gestione dei progetti e viene suggerito un modello, il Natural Planning Model, molto efficace per la rapida e corretta impostazione di un progetto. Il modello consiste nei cinque passi come in figura, che partire dalla definizione dello scopo ultimo dell’iniziativa (purpose – rispondendo alla domanda perché facciamo il progetto?) e dei principi applicabili (principles – i vincoli o le regole irrinunciabili a cui dobbiamo conformarci) ci accompagna fino alla definizione delle prossime azioni visibili (next actions) da svolgere per avvicinarci al nostro risultato finale (outcome).

PRINCE2 dal canto suo prevede un processo di Avvio di un progetto e un processo di Inizio di un progetto che hanno l’obiettivo di permettere la verifica progressivamente più approfondita della giustificazione del progetto, arrivando a definire la direzione e l’estensione del progetto stesso. In particolare il processo di Avvio ha l’obiettivo di verificare se ci sono i prerequisiti per iniziare il progetto, documentati nel Project Brief, mentre il processo di Inizio ha l’obiettivo di stabilire le solide basi, documentate nella Project Initiation Documentation (PID).

Provando a sovrapporre il Natural Planning Model ai due processi di Avvio e Inizio di PRINCE2 si vede bene come il modello di pianificazione suggerito da GTD possa essere un valido supporto per l’efficace impostazione di un progetto condotto con PRINCE2 e per alimentare Project Brief e Project Initiation Documentation con i loro contenuti fondamentali. Viceversa alcune tecniche utilizzate in PRINCE2, in particolare lo sviluppo di Product Breakdown Structure e Product Flow Diagram possono supportare i passi di Brainstorm e Organizing del Natural Planning Model.

Nell’immagine ho indicato per ciascuno dei cinque passi del Natural Planning Model quali sono i capitoli corrispondenti da compilare all’interno dei template di PRINCE2. Il risultato conferma la coerenza tra i due approcci e la possibilità di un loro utilizzo integrato.

Praxis Framework, un metodo integrato per il project management

January 26th, 2018 by

Ho conosciuto Praxis Framework grazie ai colleghi di E-quality che hanno contribuito alla metodologia sviluppando la sua versione italiana. Ho iniziato ad utilizzarlo circa tre anni fa e ho immediatamente apprezzato l’opportunità di disporre per il mio lavoro di consulenza di uno strumento davvero completo, integrato e disponibile sotto licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0. Questo significa poter liberamente modificare e condividere il materiale prodotto a patto di menzionare adeguatamente la fonte e le modifiche apportate e ricondividere il materiale prodotto con la stessa licenza.

Ho ritrovato in Praxis Framework un po’ tutto quello che ero abituato ad usare nei miei progetti e da allora tendo a basare la mia attività su questa metodologia. Il framework è infatti ampiamente coerente e sovrapponibile con tutte le migliori pratiche di settore come PRINCE2 e PMBoK e ISO21500 e in più ha il pregio di essere stato completamente integrato a comprendere un po’ tutti gli strumenti che possono essere efficacemente impiegati per strutturare in azienda una metodologia di governance e gestione dei progetti.

Al PMExpo tenutosi a Roma lo scorso 27 ottobre sono stato invitato da Luca Gamebtti di E-quality a raccontare in un workshop di AMPG International una mia esperienza di applicazione di Praxis Framework, che poi è stata anche ripresa in un caso di studio ufficiale di APMG (cliccare qui per scaricarlo).

Si tratta dell’applicazione di Praxis in una start-up innovativa, sviluppata nell’ambito di un’agenzia di comunicazione consolidata, che ha la necessità di essere efficace, flessibile ed efficiente per poter operare su progetti di clienti diversi. Abbiamo quindi impostato una metodologia  di tipo agile. Allo stesso tempo, c’è la forte necessità di valutare in modo continuo, in corso di progetto, la giustificazione tecnico-economica e di disporre di governance e controllo gestiti per fasi.

Ho quindi adattato e incorporato i processi di Praxis Framework al modo di lavorare dell’organizzazione e ho utilizzato estensivamente il Canvas Report – Project Brief (stampato in forma di pannello a parete in PVC, come in foto) quale strumento visivo e agile di riferimento. Il Processo di Identificazione per arrivare alla definizione del Canvas Report – Project Brief lo ho impostato in forma di workshop partecipativo di una giornata – uno per ogni progetto – e poi ho utilizzato lo stesso Canvas Report – Project Brief come strumento a forte impatto visivo per continuare a rivalutare e mettere in discussione la giustificazione dei progetti lungo tutto il loro ciclo di vita.

L’implementazione della metodologia ci ha permesso di ottenere un più alto numero di progetti gestiti da parte dei team a parità di risorse, meno rilavorazioni causate da errori di gestione del progetto e maggiore attenzione di tutti alle giuste priorità di business.

Il consolidamento del nuovo approccio di lavoro ci sta ora avvicinando verso l’obiettivo finale di ottenere maggiore soddisfazione del cliente insieme a maggiore efficienza e conseguentemente anche a maggiore marginalità per i progetti in portafoglio.

Un’azienda organizzata è fatta di persone organizzate

January 5th, 2017 by

“Tutto andrebbe semplificato il più possibile, ma non di più” (Albert Einstein)

L’affermazione nel titolo sembra di un’ovvietà disarmante. Lo è in teoria anche se in pratica le cose stanno diversamente perché è proprio la difficoltà delle persone ad organizzarsi a livello personale che spesso fa fallire i sistemi organizzativi aziendali, sopratutto se tale difficoltà è incontrata dalle figure di vertice, che tra l’altro sono quelle maggiormente oberate di impegni e che più necessitano di una buona organizzazione personale.

Insieme ai colleghi condividiamo spesso riflessioni sui progetti organizzativi che ciascuno di noi ha portato avanti negli anni in varie aziende e ci rinforziamo sempre più nella seguente convinzione: l’organizzazione aziendale discende dall’organizzazione personale degli individui, senza quest’ultima anche le migliori pratiche organizzative faticano ad avere successo. Tale convinzione ci porta continuamente a ricercare e adottare metodiche di organizzazione personale che possano rinforzare la capacità di operare nostra e dei nostri team.

In effetti ripercorrendo i miei interventi in azienda, come anche descritto in altri articoli su questo blog, ho sempre cercato di perseguire uno sviluppo armonico in parallelo dell’organizzazione aziendale da un lato e di quella personale dei membri del team di lavoro dall’altro, anche se non sempre ho avuto a disposizione gli strumenti adatti.

Nell’ultimo anno ho quindi approfondito l’applicazione del Natural Planning Model® ideato da David Allen nell’ambito di GTD® – Getting Things Done®.

 

GTD® e il Natural Planning Model® offrono qualcosa in più, perché favoriscono la creazione di un vero e proprio sistema personale per la gestione di tutte le proprie attività e progetti, rigoroso e allo stesso flessibile. Il metodo, grazie alla sua struttura adattabile e scalabile, si integra perfettamente con qualunque contesto organizzativo, quale che sia la metodologia applicata.

L’aspetto che apprezzo particolarmente di questo sistema di gestione personale rispetto ad altri metodi è che il Natural Planning Model® non impone la calendarizzazione di tutte le proprie attività, ma propone una disciplinata gestione del backlog delle proprie attività, con modalità molto simili a quanto avviene per le varie metodiche agili quali Scrum, Kanban o Agile Project Management, che spesso applico nei progetti aziendali. Questo significa che il Natural Planning Model® può diventare il ‘terminale personale’ di un sistema organizzativo completo per l’azienda.

Sto personalmente applicando il Natural Planning Model®, con risultati molto soddisfacenti, per la gestione della mia vita nel suo complesso (come in effetti deve essere per massimizzarne l’efficacia) e all’interno di essa anche per la gestione di un contesto poco strutturato all’interno di una organizzazione con cui collaboro e che è in rapida evoluzione. Grazie a esso riesco a cavalcare l’onda delle varie attività che spesso fanno la loro comparsa in maniera piuttosto estemporanea e imprevista e a convogliarle in un flusso controllato e organizzato, evitando al tempo stesso il classico fenomeno del “foglio che cade tra due scrivanie” ovvero delle attività che si perdono e nessuno prende in carico. Non che prima non facessi questo, ma mi rendo conto che grazie all’applicazione di un metodo ottimizzato mi ritrovo ad operare in modo molto più efficiente ed efficace.

Il prossimo passo sarà sviluppare la nuova struttura operativa, i processi e gli schemi di flusso di gestione dei progetti per l’organizzazione in questione ma le fondamenta, a livello personale, sono già poste e sono solide. In effetti l’organizzazione già funziona, perché sono organizzati gli individui al suo interno.

Nel frattempo E-quality ha scelto quest’anno di diventare ente di formazione ufficiale per l’Italia di  GTD® e io ho accolto con entusiasmo la proposta di diventare uno dei docenti accreditati.

Innovare in modo agile

February 17th, 2016 by

“I colori non sono più di cinque. Eppure nessuno può dire di avere visto tutte le loro combinazioni”
(Sun Tzu – L’arte della guerra)

Le tecniche di lean management, inventate da Toyota a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, ben si prestano all’applicazione per la creazione di nuovi prodotti e la rivitalizzazione di quelli esistenno-thanks-were-too-busyti. Di recente, movimenti come Lean Startup hanno giustamente posto l’enfasi sul loro impiego per un approccio radicale al lancio di idee e attività innovative.

Insieme a Daniela Alderighi abbiamo combinato queste tecniche con la sua esperienza di innovazione in medie e piccole imprese per proporre Eureka, un intervento operativo molto breve – 3 giorni – per tratteggiare opportunità di nuovi prodotti/servizi in passi incrementali successivi, guidati in modo visivo secondo logiche di valore e fattibilità.

Per chi fosse curioso il sito è www.eureka.tips

crisi economica, cambiamento aziendale e project management

November 10th, 2014 by

Cambiare il trend aziendale

L’attuale perdurante crisi economica sta modificando assetti che abbiamo dato a lungo per scontati. Questo costringe molte aziende a gestire situazioni di cambiamento e cambiamento in azienda significa trovarsi immancabilmente a gestire progetti di una certa complessità, se non dei veri e propri turnaround.

Il riscontro sul campo è che dotando i responsabili aziendali di strumenti per affrontare efficacemente detti cambiamenti i risultati sono positivi e duraturi. Best practice consolidate di project management quali Prince2 e Agile PM, applicate in una combinazione opportuna, consentono un adeguato rigore di gestione e controllo del progetto nel suo complesso e del raggiungimento dei benefici attesi insieme al mantenimento di una opportuna flessibilità al livello operativo.

E’ un po’ come quando si corre la maratona in condizioni climatiche difficili, occorre adattare la propria azione di corsa alla situazione e al contesto che si evolve in continuazione, valutando bene cosa sia realisticamente possibile e opportuno fare secondo un approccio Agile, ma senza mai perdere di vista quelli che sono gli obiettivi e i benefici attesi, governando al meglio il rilascio del progetto sui 42km secondo un approccio più simile a Prince2, come avevo raccontato in un post di qualche anno fa.

La metafora del rugby e il project management

April 7th, 2014 by

rugby

Mi sono avvicinato al mondo del rugby perché lo praticano i miei figli e non credo di avere scoperto nulla di sorprendente nell’accostare il rugby al project management e nel vedere in questo sport una valida metafora utile alla comprensione dei metodi organizzativi.

Il rugby ha tutto: struttura di governance, gioco di squadra, agilità (tanto che i metodi Scrum prendono il nome dal concetto di mischia mutuato proprio dal rugby), tenuta mentale, capacità di resistere ai colpi e può essere sempre una valida metafora anche per quanto riguarda la pianificazione.

In particolare, in una fase molto critica di un progetto, ho recentemente compreso più a fondo e sperimentato il concetto che in gergo rugbistico chiamano di ‘sostegno‘. Ne avevo sentito parlare per la prima volta tempo fa, chiacchierando a cena con i figli, e mi aveva incuriosito.

Cosa è il sostegno? Cito una spiegazione che ho trovato in rete e mi è piaciuta:

“Quando chi possiede la palla è in difficoltà, i suoi compagni lo aiutano e nel fondersi con lui fanno nascere la solidarietà dei corpi, dove il giocatore non è mai lasciato solo. Questo sostegno ha un senso sociale prima che tecnico: si deve aiutare il compagno quando è in difficoltà. Non si può lasciarlo solo e ogni giocatore deve anticipare il proprio intervento per evitare che egli perda il pallone, perché l’altra squadra ha il diritto di intervenire e recuperare questo pallone. E’ la qualità umana e tecnica di questi sostegni che porterà alla conservazione o al recupero del pallone. <…> Ogni giocatore è sempre utile, mai inattivo, sempre vigile e attento: pensa per sé e per gli altri.”

Nel corso del mio progetto ho avuto la fortuna di lavorare con una squadra competente, coesa e ricca di valori umani; e il giorno della chiusura di una fase particolarmente importante, che non era iniziato sotto i migliori auspici, ho davvero avuto la sensazione che grazie al sostegno di tutta la squadra sono riuscito a raggiungere la meta per un pertugio dove fino all’ultimo mi era parso difficile poter passare.