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Tags » ‘Project Management’

I progetti e la gestione dei rischi

May 28th, 2011 by

Ritorno sul tema dei rischi perché a mio modo di vedere non si finisce mai di parlarne abbastanza.  L’occasione per parlarne è stato il webinar per Aula PMI che ho tenuto lo scorso 19 maggio sull’argomento e del quale può essere vista la registrazione sul portale Microsoft cliccando qui.

objectsinmirrorQuesto webinar segna uno stacco rispetto al passato, per la prima volta ho utilizzato la maratona come caso esemplificativo a cui applicare i vari argomenti trattati, per cui la metafora del podista è stata il filo conduttore di tutta la trattazione. Ovviamente i riferimenti nei miei pensieri andavano tutti alla maratona corsa il mese scorso, sicuramente ricca di spunti sul tema (per usare un eufemismo!), come già ampiamente spiegato nel mio precedente post.

Insieme ai partecipanti ci siamo chiesti qual è l’origine dei rischi, come analizzare le varie cause e come tenerne traccia. Poi siamo passati ad analizzare gli impatti, le relazioni causa effetto e le possibili azioni di risposta. Infine abbiamo toccato il tema del controllo dei rischi.

Parlare una volta ancora di rischi e delle loro misure, la probabilità e la prossimità, mi ha fatto venire in mente un’immagine rappresentativa che ho riportato nella foto qui sopra, ovvero quella tipica frase che c’è scritta nei retrovisori delle automobili americane: “gli oggetti nel retrovisore sono più vicini di quanto possano apparire”. La mia esperienza, e me ne convinco ogni giorno di più, è che le stime di probabilità e prossimità sono sempre troppo ottimistiche, anche i rischi sono sempre più vicini di quanto possano apparire. Questa frase andrebbe scritta nel ‘retrovisore’ di tutti i project manager.

Il project management, il sogno di Itaca e la gestione dei rischi

March 27th, 2011 by

Ogni tanto mi chiedo perché la maratona abbia sempre esercitato e continui ad esercitare su di me tanto fascino. Me lo sono chiesto anche quando ho letto uno dei post più recenti dell’amico Walter Allievi sul suo blog, dal titolo Il sogno di Itaca: perseguite gli obiettivi, ma godetevi il processo, che mi ha suggerito una  possibile spiegazione. La maratona mi affascina perché è un po’ un viaggio verso l’ignoto, ha qualcosa in comune con l’Odissea, che infatti è stata sempre una delle mie letture preferite.

“Qualunque sia il vostro lavoro o il vostro percorso di vita, abbiate un sogno. Perseguitelo e nel farlo godetevi il viaggio.”

E’ proprio così, la maratona è affascinante perché è un sogno, ed è bello godersi il viaggio, come ha fatto Ulisse. E il project management? Anche il project management è un po’ un viaggio verso l’ignoto, con la sua buona dose di fascino e un sogno, il progetto, da realizzare.

Non a caso nella gestione di tutti i progetti e soprattutto in quelli di rivolti al cambiamento in azienda gioca un ruolo fondamentale l’elemento dell’imprevedibilità, da cui l’importanza della valutazione e gestione dei rischi, presenti sempre in quantità superiori rispetto a quanto accade nella normale operatività aziendale.

Mi sorprende sempre quanto questo elemento venga sottovalutato. L’andare verso l’ignoto è sicuramente una parte molto affascinante dei progetti, ma è molto importante tentare di mitigare gli effetti dell’imprevedibilità per evitare che il sogno si trasformi in un incubo. Gli atteggiamenti che vanno per la maggiore sono invece la spericolatezza (per non dire l’incoscienza) di prendersi i rischi senza fare calcoli oppure il rifiuto del rischio e quindi la rinuncia sistematica all’azione e al sogno. A bene vedere poi sono spesso le stesse persone che oscillano da un atteggiamento all’altro, seguendo la ‘filosofia dello struzzo’: occhio non vede cuore non duole.

Salvo poi sorprendersi davanti al verificarsi degli inconvenienti e andare alla ricerca degli alibi più surreali per giustificare il proprio operato.  Quante volte mi sono sentito proporre iniziative di business da persone che davanti ad elementari obiezioni in merito alla valutazione dei rischi mi hanno opposto un disarmante “ma mica facciamo le cose perché vadano male, vedrai che andranno bene”. Già, e se poi invece male ci vanno per davvero, abbiamo valutato come fare fronte alla situazione? Cercando di vedere il lato umoristico della cosa, sono arrivato alla conclusione che queste sono le stesse persone che se non fossero obbligate non assicurerebbero la propria automobile. Per mia fortuna ho lavorato con gli operatori del mondo del private equity e una cosa che mi hanno insegnato è che a ogni way-in deve corrispondere sempre una way-out solida e sostenibile.

La maratona e tutti gli sport di resistenza ci insegnano la pratica quotidiana della gestione del rischio e ci offrono un meraviglioso banco di prova per allenare la nostra sensibilità al rischio e ai tanti elementi che lo possono determinare: svolgendo una attività al limite non si può sbagliare, se si ‘tira’ troppo non si arriva in fondo. Anche Ulisse lo sapeva e nell’episodio delle sirene, riportato in figura, non ha lasciato nulla al caso, ha gestito bene i rischi, si è potuto godere davvero il viaggio e ha infine raggiunto il suo sogno.

La gestione del rischio è importante perché, come la tragedia giapponese di questi giorni ci sta insegnando, gli elementi che possono fare andare fuori controllo un progetto possono essere molti.

Un progetto è sempre una sfida ambiziosa

March 11th, 2011 by

Questo post vi parla di un progetto ambizioso. Tutti i progetti sono sfide ambiziose, questo lo è di più. Mi fa tornare in mente quello che una collega qualche giorno fa spiegava ai suoi project manager: che si è veri manager se si è in grado di portare a termine progetti ambiziosi disponendo di risorse limitate.

In questo caso il progetto ambizioso è quello dell’amico Max, che vuole far tornare a camminare, io spero anche a correre, i ragazzi di Battambang, in Cambogia, che hanno perso le gambe. Ho aderito con entusiasmo al progetto di Max perché una delle ‘molle’ (sic!) che mi ha aiutato a superare le prime difficoltà quando mi sono rimesso a correre è stato l’esempio di Oscar Pistorius: pensavo e penso che se lui ha l’ambizione di correre le olimpiadi insieme ai normodotati, io ho il dovere di fare il massimo con le gambe che la natura mi ha donato. Se poi non si tratta di Pistorius, che comunque ha trovato la sua strada e ha avuto successo, ma di bambini a cui la possibilità di camminare è stata tolta dalle mine antiuomo, il senso del dovere raddoppia.

Il progetto è appunto ambizioso, le risorse sono poche, ma la forza è tanta e il progetto è in buone mani, anzi in buoni piedi, quelli dei maratoneti, gente che sa cosa vuol dire perseguire obiettivi ambiziosi con risorse limitate.

Cliccate qui per visitare il sito di RunForLife e per scoprire come come potete dare il vostro contributo al progetto.
Ah, dimenticavo, se volete diventare miei sostenitori su RunForLife il mio nickname è OrsoLento. Grazie Max e grazie anche a Oscar per l’esempio che continua  a darci.

I nostri progetti e il futuro

January 17th, 2011 by

IlFuturoNon

In genere non amo i graffiti. Non mi piace che i writer scrivano sui muri della città dove vivo causando fastidio e indebiti costi di pulizia a chi non necessariamente apprezza la loro arte.
Però devo ammettere che sabato mattina, mentre correvo su un cavalcavia e questa scritta mi è sbucata quasi all’improvviso nella nebbia, è stata un’illuminazione e mi sono fermato a fotografarla. In realtà, ho scoperto poi, la frase non è di un writer qualsiasi ma di ivan, ‘avanguardia di poesia di strada e assalto poetico’, come si definisce sul suo sito, personaggio piuttosto noto. E come si vede la scritta è stata a sua volta imbrattata da altri writer meno poetici.

Avendo dovuto vincere quella mattina la mancanza totale di voglia di abbandonare il lettuccio caldo per percorrere parecchi chilometri nella nebbia, mi ero immerso in riflessioni sugli alibi che noi tutti ci creiamo quando non vogliamo cambiare e facciamo resistenza. Se si va alla radice, questo è anche il problema principale da affrontare quando si introducono cambiamenti in azienda.  C’è sempre un buon alibi a disposizione, basta argomentarlo bene.

Questa frase, nel suo essere paradossale, può essere l’ennesimo alibi oppure spazzarli via tutti. Perché se mai il futuro è stato ‘quello di una volta’ oggi il mondo è cambiato, è diventato meno prevedibile e il futuro dobbiamo imparare a costruircelo. E questo ci costringe a pensare di più al nostro progetto e a darci un metodo di project management, quale che sia.

Siamo noi i padroni del nostro destino, dobbiamo rimboccarci le maniche e lavorare sodo per cercare di gestire al meglio e ridurre l’imprevedibilità dei nostri progetti e del nostro futuro.

Facilitare l’adozione del project management

December 27th, 2010 by

Ho già parlato in un precedente post della proposta di una metodologia semplice ed efficace per il cambiamento in azienda, in questo mi soffermerò in particolare sulla fase di messa in atto della nuova organizzazione e dell’introduzione nella pratica di lavoro delle metodiche di project management una volta che queste sono state elaborate e definite.
Il sistema classico è quello di svolgere delle sessioni formative, anche se tale sistema ha il difetto di interrompere il lavoro delle figure aziendali che devono essere formate. Inoltre le sessioni formative hanno il grosso limite di essere avulse dal contesto lavorativo, per cui il rischio è che i concetti spiegati nelle sessioni formative stesse non vengano interiorizzati e che restino quindi inapplicati una volta che si è tornati al lavoro.

Come quindi introdurre efficacemente le metodiche in azienda nel minor tempo possibilesenza che le figure aziendali coinvolte debbano interrompere le proprie attività quotidiane?

Essendomi trovato recentemente a dover gestire alcune situazioni abbastanza complesse di introduzione di metodologie di project management, ho elaborato un modello basato sul mix di due elementi metodologici di provenienza diversa: il primo elemento stimola la creatività e la ricerca di soluzioni innovative e personalizzate, il secondo (di origine sportiva) consente di mantenere il processo di adozione rigorosamente indirizzato verso gli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Il primo elemento si rifà alle tre fasi della Teoria U di Otto Scharmer: osservare a fondo, ritirarsi per riflettere e, una volta che un’idea ’emerge’, applicarla immediatamente per avere un primo riscontro sul campo e poi migliorare il modello per approssimazioni successive (prototipazione ciclica).

La conseguenza è quella di fare training on the  job orientato alla continua ricerca di soluzioni pratiche innovative, all’incirca quello che fa in partita un bravo allenatore di sport di squadra: osservare, prendere appunti, interpretare la situazione di gioco, inventare correttivi operativi immediati, provarli, correggerli e così via.

Per legare l’approccio descritto qui sopra, più creativo, alla metodologia di project management adottata, che creativa non è, utilizzo il secondo elemento, un metodo che ho mutuato dal più famoso e controverso allenatore di calcioanalizzo e ‘distillo’ abbastanza in dettaglio quali sono i principi di lavoro che favoriscono l’adozione in azienda della metodologia di project management che si vuole introdurre, poi verifico che le azioni identificate secondo il processo creativo siano coerenti con i principi di lavoro definiti e portino quindi all’effettivo raggiungimento degli obiettivi metodologici di project management.

Facendo questo, sviluppo un ambiente creativo, in cui le persone sono stimolate a ricercare e ‘scoprire’ all’interno di quello che già fanno le modalità per la migliore adozione del metodo di project management, non distolgo le persone dal lavoro e allo stesso tempo tengo incanalato il processo di adozione della metodologia verso il raggiungimento degli obiettivi metodologici prefissati.

Chiaramente questo approccio richiede molto lavoro preparatorio per sviluppare una certa ‘arte’ nel gestire il processo e nel definire correttamente i principi di lavoro: i rischi sono di definire i principi stessi in termini troppo teorici e vaghi, minando il conseguimento degli obiettivi metodologici, o al contrario in termini troppo operativi e dispositivi, ancorando il processo a idee preconcette, con ogni probabilità poco adatte al contesto aziendale in cui si va ad operare.

Ho verificato sul campo che l’approccio sopra descritto permette di raggiungere risultati insperati in tempi relativamente brevi. Riprenderò e approfondirò il tema in qualche prossimo post o laboratorio dal vivo.

La maratona e la messa in esercizio dei progetti

November 17th, 2010 by

nyDomenica 7 è stato il grande giorno e ho finalmente corso la maratona di New York. Parlandone con amici e colleghi tutti rimangono maggiormente colpiti dalla corsa in sé, da come si svolge e dalle sue dinamiche, ma la corsa è solo la messa in esercizio di un progetto che nel migliore dei casi comporta sei-dieci mesi di lavoro. Nel mio caso ho fatto il conto che in termini gestionali il progetto “Maratona di New York” ha comportato all’incirca un impegno di 500 ore/uomo distribuite su un tempo di calendario di 18 mesi. Un progetto quindi che ha richiesto una lunga preparazione e un lavoro considerevole, per poi essere messo in esercizio in poche ore in cui ci si gioca tutta la qualità dell’output erogato.

Ci pensavo durante i primi chilometri mentre attraversavo il quartiere di Brooklyn e avvertivo il disagio delle prime folate di aria fredda: cercavo di capire quanto l’attenta preparazione svolta mi mettesse al riparo dai rischi che sono sempre dietro l’angolo. L’analogia con i progetti che mi trovo normalmente a gestire era lampante, si lavora ad esempio per mesi per preparare una soluzione informatica e negli ultimi giorni si va  in esercizio, la si rilascia in un ambiente di esercizio (normalmente diverso e più ostico di quello di collaudo) e i margini di recupero sugli eventuali inconvenienti sono risicatissimi, si rischia il fallimento del progetto per un nonnulla.

A quel punto mi sono venuti in aiuto due aspetti comuni con il project management: la strategia di rilascio del progetto con una particolare focalizzazione sulla gestione delle variabili: costo (lo sforzo fisico impegnato), tempo, qualità e ambito (azione di corsa e ritmo), rischi e benefici (arrivare, in buone condizioni e in un tempo ragionevole). Potrà sembrare strano ma nel complesso si può dire che ho applicato dei principi simili a quelli codificati nella metodologia PRINCE2: ho suddiviso la prova in fasi (nel mio caso rispettivamente due fasi iniziali di 10 km ciascuna, seguite da 4 fasi di 5 km ciascuna e un ultima fase di 2.195 km) e le ho gestite  come fossero delle corse a sé stanti.  Questo mi ha permesso di controllare molto meglio il mio stato fisico, la mia azione di corsa, di gestire molto meglio la disponibilità di risorse e i margini relativi e quindi di avere un miglior controllo sui rischi eventuali. Al termine di ciascuna fase ‘resettavo’ il progetto, valutavo i margini di tolleranza sul ritmo tenuto e il ‘budget di rischio’ ancora a disposizione. Con questo sono riuscito a gestire e risolvere al meglio tutti gli inconvenienti che si sono presentati (aria fredda a tratti e in due momenti un paio di problemi articolari) e ad arrivare al traguardo che avevo ancora un leggero margine da spendere.

Il tutto però a funzionato perché era stato debitamente provato e riprovato in allenamento, sotto la guida di un allenatore esperto!

Progettare gli acquisti e le vendite internazionali

October 22nd, 2010 by

Nella mia esperienza professionale ho avuto modo di occuparmi anche di progetti che riguardavano lo sviluppo della presenza internazionale delle imprese. Insieme ad un collega inglese esperto di commercio internazionale abbiamo messo a punto nel corso degli anni una metodologia modulare di supporto allo sviluppo commerciale che si basa su un forte elemento di project management.

Hong Kong - la porta della CinaIl punto di partenza era stata la constatazione di quanto poco i progetti commerciali internazionali delle aziende vengano gestiti e controllati, sia che si tratti di progetti di espansione commerciale, sia che si tratti di progetti di delocalizzazione produttiva. Si era constatato come il concetto di business case, quindi di controllo rigoroso dei costi/benefici, che dovrebbe essere la stella polare di un progetto, soprattutto se commerciale, fosse gestito nella maggior parte dei casi in maniera abbastanza approssimativa e nebulosa.

Da un lavoro svolto in collaborazione con una primaria banca italiana a supporto di circa 50 medie aziende attive a livello internazionale era risultato che il livello di applicazione di metodiche di pianificazione strategica e controllo dei progetti era piuttosto scarso. Il quadro che ne usciva rivelava una forte capacità di ‘arrangiarsi’ ma con una scarsa applicazione di metodiche strutturate. Aree cruciali quali la pianificazione strategica di breve e lungo periodo,  i piani di supporto alla distribuzione locale, le metodiche di controllo della distribuzione locale, i piani riguardanti la ricerca e sviluppo, la gestione dei rischi e la pianificazione finanziaria del rientro sugli investimenti erano presidiate in modo approssimativo.

Ne è nata quindi l’idea di strutturare un’apposita offerta di consulenza e formazione per rinforzare nelle aziende la capacità di affrontare i mercati internazionali forti di linee guida e strumenti di project management adeguati: abbiamo inventato quindi il sistema modulare che nella sua semplicità è  forte di step ben definiti e checklist operative che consentono l’attuazione di una vera e propria ‘strategia da sbarco’ commerciale e produttiva. Nel tempo si è affinato e reso maggiormente robusto il modello andando ad integrare elementi delle best practice PRINCE2 e PMBoK.

Alla prova dei fatti il modello ha dimostrato la propria validità, ma sopratutto ha dimostrato che anche i progetti commerciali necessitano di solide basi di project management.

Chi fosse interessato avrà modo di approfondire e dibattere con me il tema seguendo il mio webinar del 26 ottobre dal titolo Progettare gli acquisti e le vendite internazionali (live alle ore 16.00) sul portale di Microsoft Aula PMI, che potete raggiungere cliccando su questo link.

Una metodologia semplice ed efficace per il cambiamento in azienda

September 9th, 2010 by

Uno degli aspetti su cui rifletto molto è la ricerca di una metodologia che sia semplice ma allo stesso tempo efficace per la preparazione e successiva gestione dei miei progetti.  Lo faccio spesso anche durante le corse cercando di trarre ispirazione dalla relativa semplicità di gestione di un piano di allenamento.

Nel corso degli anni insieme ad alcuni colleghi abbiamo cercato progressivamente di mettere a punto una metodologia che coniuga alcune delle principali best practice a livello globale con strumenti di facilitazione: ne è nato un insieme di strumenti e di linee guida che mantenendo il project management su un livello abbastanza semplice e lineare, ci ha consentito di affrontare efficacemente una serie di situazioni, anche abbastanza complesse, di progetti di cambiamento aziendale.

In particolare abbiamo individuato tre passaggi centrali che caratterizzano la gestione del progetto, per ciascuna delle quali trovare strumenti specifici e adatti: prima di tutto l’analisi dell’esistente, finalizzata a “smontare” l’organizzazione e capire bene  il suo funzionamento attuale e le possibili aree di miglioramento; il secondo passaggio è finalizzato all’evoluzione dell’organizzazione, mediante lo studio di una nuova “disposizione sul campo” dei vari elementi tecnici, organizzativi e umani; infine la terza fase mette in azione la nuova organizzazione, monitorandola e sostenendola con un processo di miglioramento continuo e di ‘fine tuning’.

Per garantire l’efficacia, in ciascuno di questi tre passaggi occorre intervenire a vari livelli, sull’organizzazione e sui processi come sulle risorse umane: per questo utilizziamo un mix articolato di strumenti, metodologie e best practice. Senza mai perdere di vista il faro guida: la semplicità per chi è coinvolto nel processo.

Ci piacerebbe parlarne vis-a-vis con chi sta i azienda e il cambiamento deve affrontarlo tutti i giorni. Per questo è nata l’idea di organizzare una giornata di lavoro su questi strumenti e linee guida, il Laboratorio PM LAB, che si terrà a Milano il giorno 21 ottobre 2010 dalle 9.00 alle 17.00. Chi fosse interessato può trovare maggiori informazioni cliccando qui.

A proposito del project management semplice

August 26th, 2010 by

Sempre per rimanere in clima estivo, mi soffermo di nuovo sul tema della semplicità. Forse perché riposando si riscoprono e si apprezzano maggiormente le cose della vita che sono, appunto, semplici.

Una delle cose semplici che mi piace tanto fare è correre a piedi nudi sulla battigia, come nel film ‘Momenti di gloria’. E’ veramente una sensazione unica e quando inizio non mi fermerei più. Quest’anno la spiaggia si prestava e non mi sono fatto scappare l’occasione, via le scarpe e partenza per una bella corsa. Sono andato, andato, andato ….. fino a che ho avvertito un fastidio e mi sono  accorto che i miei poveri piedi, non abituati all’esercizio, si erano spellati tutti!

Poco dopo, mentre mi curavo le ferite e mi davo dello stupido, il pensiero è stato del tipo “bel project manager che sei, che non riesci nemmeno a fare l’ovvia previsione che correndo sulla sabbia ti ‘brucerai’ i piedi!” Ho quindi riflettuto che la cosa che mi pareva più ‘semplice’ in realtà non era esattamente la più semplice. Non lo era per l’ovvia ragione che le mie risorse (i piedi) non erano attrezzate e addestrate per il task in questione (correre sulla sabbia). La cosa più semplice, per davvero, sarebbe stata correre sulla sabbia, ma con le scarpe….

Quindi nella realtà non avevo pianificato un bel tubo e non mi ero posto per niente il problema di trovare la strada più semplice. Ho ingenuamente commesso il più classico degli errori di project management, ovvero farsi prendere dall’entusiasmo per il progetto e dimenticarsi di considerare metà delle variabili, di solito quelle di costo e rischio.

Ma sono in vacanza, per cui alla fine mi sono auto-assolto…..

Il project management deve essere semplice

July 20th, 2010 by

Sarà il caldo di questo periodo dell’anno e la voglia di rallentare il ritmo in vista delle ferie, ma in questi giorni rifletto spesso sul tema della semplicità nel project management. Ho avuto modo di rifletterci in particolare l’altro giorno perché, come ogni anno in luglio, dedico qualche mezza giornata in libreria a passare in rassegna tutti i libri sul tema, in cerca di qualche novità.

Non me ne abbiano i colleghi ma una cosa che mi ha sempre disturbato un po’, in particolare per quel che riguarda i testi italiani che trattano di project management, è la tendenza a trattarlo in modo pesante e complicato. Quasi a volere dimostrare e sottolineare che anche il project management è una scienza con le sue complessità, eh perbacco!

L’altro giorno invece è stata una di quelle volte in cui ho respirato una boccata di ossigeno. Ho trovato per caso su uno scaffale un libricino, che non è nemmeno così nuovo ma che per qualche misteriosa regione gli anni scorsi mi era sfuggito. The Project Manager’s Book of Checklists (vedi), un libro intero fatto solo di check list! Fantastico!

Me lo sono letto di un fiato – essendo fatto di
elenchi, non ci vuole molto – e alla fine mi sono
chiesto come mai tendiamo sempre un po’ tutti a
complicare quello che complicato non è. Magari il
metodo può essere strutturato, oppure il progetto
complesso, ma l’essenza del project mangement è
semplice. Anche in questo caso l’approccio alla
preparazione della maratona ci dovrebbe aiutare,
anche se poi ce lo dimentichiamo sempre: ‘keep it
simple!’ direbbero i guru americani
Veramente utile lettura, la consiglio a tutti sotto
l’ombrellone.

Me lo sono letto di un fiato – essendo fatto di checklist, non ci vuole molto – e alla fine mi sono chiesto come mai tendiamo sempre un po’ tutti a complicare quello che complicato non è. Magari il metodo di gestione di un determinato progetto può necessitare di essere maggiormente strutturato, oppure il progetto può essere complesso, ma l’essenza del project mangement è semplice.  ‘Keep it simple!’ ho sentito dire una volta da un guru americano, la ricerca della semplicità come linea guida. Bisognerebbe tenerlo a mente anche quando si scrivono i libri. A me aiuta la preparazione per la maratona, correndo faccio fatica e allora mi riesce più facile ricordarmi che devo ricercare la semplicità e la via più diretta alle cose. Anche se poi giungendo al lavoro non sempre mi riesce facile perseguire la strada del pragmatismo per rendere le cose pratiche, essenziali ed efficaci.

Veramente una utile lettura, la consiglio a tutti. Non sotto l’ombrellone, in fin dei conti siete in vacanza, ma come utile vademecum da portarsi sempre dietro e consultare all’occorrenza.