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Archive for April, 2020

Lavoro Meglio mi ha intervistato su Cynefin

April 25th, 2020 by
Ascolta “#126 Puntata speciale [Intervista] Cynefin” su Spreaker.

Ringrazio l’amica e collega Leonarda Vanicelli, podcaster di Lavoro Meglio, che mi ha voluto invitare a fare una chiacchierata su Cynefin, il tema del mio ultimo articolo.

Qui sopra potete ascoltare l’intervista. Auguro veramente a tutti di potersi dedicare ad attività che valorizzino la nostra umanità per fare cose straordinarie assieme.

Capire quale modello applicare per ripartire con il COVID

April 16th, 2020 by

Una delle domande che ci stiamo facendo tutti è come ripartire quando sarà allentato il lockdown che si è reso necessario a causa dell’emergenza COVID. C’è molto fermento a livello politico, sociale e aziendale su ‘cosa fare’, anche se ritengo che sia molto più importante chiedersi prima ‘cosa ha senso fare’ e ‘che modello operativo ha senso applicare’ per procedere e per decidere, perché il rischio che corriamo è quello di interpretare la situazione a seconda di come siamo fatti noi e quindi applicare istintivamente i modelli che ci sono più congeniali o riproporre in modo più o meno consapevole i modelli che siamo abituati ad applicare a un contesto che però è radicalmente cambiato. Per comprendere quale modello operativo/decisionale abbia senso applicare si può utilizzare Cynefin (si pronuncia: /ˈkʌnɨvɪn/), un framework di interpretazione della realtà e di scelta delle strategie per affrontare le diverse situazioni del quale avevo già parlato in un precedente post di qualche anno fa e che nel frattempo ha acquisito popolarità.

Cynefin individua cinque domini rappresentativi della realtà in cui ci troviamo e l’esercizio consiste nel comprendere in quale dominio si trovi ogni situazione da gestire:

  • il dominio Ovvio (Obvious domain) è quello in cui le relazioni causa/effetto dei fenomeni sono appunto ovvie e comprensibili da tutti; in questo tipo di dominio ha senso agire seguendo delle cosiddette Best Practice, secondo schemi noti per cui le decisioni saranno prese secondo un modello del tipo Percepire – Categorizzare – Rispondere (Sense –  Categorise – Respond); per esempio le convenzioni dell’andare per strada sono ovvie e note a tutti e le decisioni saranno prese categorizzando le situazioni che si presentano secondo quello che dice la Best Practice che è il codice della strada; in questo dominio ha senso avere dei vincoli rigidi e gestire le attività stesse seguendo dei processi
  • il dominio  Complicato (Complicated domain) è simile a quello Ovvio, anche se le relazioni causa/effetto dei fenomeni non sono ovvie e comprensibili da tutti ma solo da degli esperti; in questo tipo di dominio ha senso agire seguendo delle Good Practice, soggette a valutazione e interpretazione da un esperto, le decisioni saranno prese secondo un modello del tipo Percepire – Analizzare – Rispondere (Sense – Analyse – Respond); per esempio una malattia nota richiede una conoscenza medica e la conoscenza di un protocollo terapeutico, occorrerà la valutazione di un medico; in questo dominio ha senso avere dei vincoli di governo, nel nostro esempio le prescrizioni generali del protocollo terapeutico, che però dovranno poi essere interpretate e applicate dal medico, che è l’esperto
  • il dominio Complesso (Complex domain) è quello in cui le relazioni causa/effetto dei fenomeni possono essere comprese solo a posteriori, ma non in anticipo;  in questo tipo di dominio si seguono e si plasmano delle Emergent Practice, che sono delle pratiche innovative basate sulla sperimentazione, o delle cosiddette Exaptive Practice, che sono l’adattamento di capacità e abilità già a presenti a nuove esigenze; in entrambi i casi le decisioni saranno prese secondo un modello Esplorare – Percepire – Rispondere (Probe – Sense – Respond); per esempio una malattia nuova richiede necessariamente della sperimentazione e l’adattamento di capacità, abilità e tecniche mediche già note a un nuovo contesto terapeutico e il protocollo terapeutico viene creato, modificato in modo dinamico e continuamente migliorato; in questo dominio ha senso avere solo dei vincoli abilitanti, ovvero delle regole che aiutano il sistema a procedere più spedito, come lo sono per esempio le regole di una metodologia di lavoro agile quale Scrum
  • il dominio Caotico (Chaotic domain) è quello in cui non ci sono relazioni causa/effetto e se ci sono non possono essere comprese; in questo dominio ci sono solo delle Novel Practice, nelle quali le decisioni saranno prese secondo un modello Agire – Percepire – Rispondere (Act – Sense – Respond); queste sono le tipiche situazioni di emergenza, dove si tende ad agire e fare immediatamente qualcosa senza porre limiti o vincoli, salvo poi provare a capire se quello che si è fatto può essere replicabile e cercare di spostarsi verso un dominio diverso, di solito quello Complesso
  • Il quinto dominio, quello del Disordine (Disorder domain) è quello in cui non è chiaro quale sia il modello interpretativo da applicare, è quello in cui ci troviamo la maggior parte del tempo ed è quello più insidioso; in questo dominio infatti la tendenza è a interpretarlo secondo la propria zona di confort o secondo la propria esperienza con il rischio di prendere decisioni secondo un modello errato; se sono una persona metodica e mi trovo a mio agio a gestire processi avrò la tendenza a considerare tutto ovvio e ad applicare processi anche dove i processi non funzionano e non possono funzionare

La tensione del genere umano è da sempre quella spostare quante più situazioni progressivamente dal dominio Caotico verso quello Complesso, poi verso quello Complicato e infine a quello Ovvio. Bisogna però stare attenti a interpretare le situazioni e collocarle nel dominio corretto, vediamo alcuni esempi.

La ipersemplificazione di ciò che semplice non è, per esempio prendere decisioni di tipo medico secondo il modello del dominio Ovvio, può far perdere il controllo della situazione e farci precipitare nel dominio Caotico, in figura rappresentato dal ‘dirupo’ tra il dominio Ovvio e quello Caotico.

Anche mettere troppi vincoli a qualcosa che appartiene correttamente al dominio Ovvio ci potrebbe far precipitare nel dominio Caotico: un limite di velocità troppo basso in autostrada fa precipitare l’autostrada nel caos.

È abbastanza evidente che la sottovalutazione iniziale dell’emergenza COVID che stiamo affrontando, la narrazione del COVID come se fosse una normale influenza, quindi gestendolo nel migliore dei casi secondo lo schema del dominio Complicato, nel peggiore secondo lo schema del dominio Ovvio e non più correttamente secondo lo schema del dominio Complesso come avrebbe dovuto essere, ci ha precipitato verso il dominio Caotico. A quel punto le reazioni sono state quelle corrette, i protocolli terapeutici e le misure di contenimento si sono sviluppati secondo lo schema Agire – Percepire – Rispondere tipiche del dominio Caotico. Progressivamente, man mano che le Novel Practice hanno cominciato a essere individuate, abbiamo quindi cominciato a spostare i protocolli terapeutici e le azioni nel dominio Complesso: i protocolli terapeutici che si stanno consolidando per via sperimentale sono delle Emergent Practice e si sono visti anche esempi di Exaptive Practice, il più mediatico dei quali è sicuramente stato l’adattamento delle maschere da snorkeling per l’ossigenazione dei pazienti in terapia sub-intensiva. Con l’andare del tempo e il consolidamento dell’esperienza e dei protocolli terapeutici ci sposteremo auspicabilmente verso il dominio al quale vogliamo che la medicina appartenga che è il dominio Complicato, anche se come sappiamo c’è sempre una deriva latente verso la medicina fai da te, quindi verso il dominio Ovvio, che però è pericoloso, come anche l’esperienza del COVID ci ha insegnato.

Lascio al lettore l’esercizio di andare più nello specifico ad analizzare alla luce di questo modello di interpretazione i singoli comportamenti che si sono visti nei mesi in cui è esplosa l’emergenza, sia da parte dei cittadini che delle istituzioni ai vari livelli. Non è difficile e il fatto sorprendente è che Cynefin aiuta a mettere in luce in maniera piuttosto lampante le letture corrette o errate che sono state fatte dai vari attori nelle varie situazioni.

Abbiamo parlato fin qui dell’aspetto medico-sanitario, ma avvicinandosi il momento della fine del lockdown e della ripartenza, ci sarà da rileggere tutto il contesto socio-economico-organizzativo e il modello interpretativo di Cynefin può essere di aiuto per non sbagliare l’approccio decisionale ed evitare di precipitare nel dominio Caotico. Alcuni modelli organizzativi apparterranno ai medesimi domini di prima dell’emergenza COVID, altri invece richiederanno un profondo ripensamento. La convivenza con il virus negli ambienti di lavoro richiederà che molte attività che prima erano gestite secondo le logiche tipiche del dominio Ovvio dovranno cominciare a essere gestite secondo logiche più tipiche del dominio Complesso, quindi in modo euristico, sperimentale e agile oppure secondo le logiche del dominio Complicato, quindi con l’aiuto di esperti.

Sul concetto di Velocity di un team agile

April 8th, 2020 by

Chi ha familiarità con le modalità di lavoro agile e i suoi vari framework di riferimento, dovrebbe aver sentito parlare del concetto di Velocity, che è la principale metrica di riferimento che viene utilizzata per misurare quanto lavoro un team di sviluppo può completare con successo nel corso di un intervallo di tempo fisso detto Sprint. Ma sappiamo cosa significa davvero misurare la Velocity di un team?

Il termine, per assonanza, tende a essere sempre tradotto con “velocità” per cui la metrica nella percezione comune diventa la “velocità del team e la sensazione è che il team debba ricercare la propria efficienza, che però per il modo di pensare agile è un controsenso.

In un contesto di lavoro agile infatti, quale per esempio Scrum, quello che importa non è tanto l’efficienza del team quanto la sua capacità di permettere al proprio cliente, in Scrum rappresentato dal ruolo del Product Onwer, di ottenere i risultati che creano valore per il cliente stesso.

Questi risultati che creano  valore in inglese sono detti Outcome e infatti si dice che le metriche per misurare un team agile devono essere Outcome based.

Per fare un esempio semplice ma efficace del concetto appena espresso, in un contesto agile a nessuno importa quanto un team sia efficiente a piantare chiodi o ad avvitare viti, quello che importa è la capacità di appendere quadri nel modo desiderato dal proprio Product Owner entro un tempo ragionevole previsto dal team e utile al Product Owner.

Siamo allora sicuri che “velocità” sia la traduzione corretta per il termine Velocity? Anche perché chiunque conosca un inglese anche elementare sa che normalmente “velocità” si traduce con “speed”. E quindi?

La spiegazione sta in un’altra delle mie passioni sportive, la barca a vela. Perché la parola Velocity in realtà è un termine nautico con un significato ben preciso e tutto mi fa pensare che chi ha adottato questo termine per i team agili abbia voluto utilizzare una metafora sportiva e in particolare velica, che però è risultata talmente sottile che quasi nessuno la ha colta.

La velocità di una barca a vela si misura con due grandezze: la velocità propria della barca nell’acqua (Speed Through Water – STW) che è quella che si percepisce navigando e la velocità effettiva sulla superficie terrestre (Speed Over Ground – SOG) che è quella che ci dice quanto la barca di sta effettivamente spostando. Senza qui addentrarsi in spiegazioni tecniche, le due velocità sono correlate ma non sono quasi mai uguali per via delle dinamiche dell’acqua. Sempre per fare un esempio semplice, si pensi a una barca che naviga contro corrente in un fiume dove c’è una corrente pari alla velocità della barca stessa; la STW sarà positiva, la barca rispetto all’acqua si muove, la SOG sarà nulla, rispetto alla superficie terrestre la barca è ferma.

La STW ci dice quanto rapidamente la barca si muove sull’acqua, quindi ci da un’indicazione di quanto è efficiente il moto della barca, la SOG ci dice quanto rapidamente la barca si muove sulla superfice terrestre, quindi ci da un’indicazione di quanto è efficace il moto della barca. Da notare che entrambe in inglese sono Speed, nessuna delle due è Velocity, che è un concetto ancora diverso. Cosa è la Velocity allora?

Nel disegno ho riportato una spiegazione un po’ semplificata del concetto velico di Velocity.

Una barca non può muoversi contro vento, al massimo può tenere un angolo di circa 45° rispetto alla direzione del vento. Se si vuole quindi raggiungere un obiettivo che sta controvento, occorre bordeggiare, ovvero ‘zigzagare’ come in figura con angoli di 45° rispetto alla direzione del vento e così facendo ci si avvicinerà al punto obiettivo. Quello che ci interessa non è né la STW, né la SOG ma la velocità con cui la barca si avvicina al punto obiettivo, che in inglese viene chiamata appunto Velocity Made good on Course (VMC), che è la componente della SOG che ci sta avvicinando al punto obiettivo.

Quindi il sottinteso di chi ha scelto il termine Velocity è che il team deve misurare la propria capacità relativa di avvicinarsi al punto obiettivo (che fuori di metafora è il risultato che crea valore per il Product Owner) e non tanto la propria efficienza di azione intrinseca (Speed Through Water – STW) ma nemmeno la propria efficacia assoluta (Speed Over Ground – SOG), perché per raggiungere l’obiettivo del Product Owner il team deve saper combinare la propria efficienza ed efficacia con una strategia che permetta di impiegare al meglio gli elementi propulsivi disponibili (il vento) per riuscire a raggiungere l’obiettivo nel tempo più breve possibile, ma senza compromettere il risultato. E chi ha esperienza di navigazione a vela sa bene che questa strategia di impiego degli elementi propulsivi disponibili è l’elemento che fa la differenza tra un buon velista e un principiante ed è più decisiva e importante rispetto a efficienza ed efficacia del mezzo, perché se si sbaglia il percorso o non si capisce come gira il vento e si finisce controvento, la barca si ferma.

Fuori dalla metafora velica, si usa quindi il termine Velocity perché non importa quanto il team agile sia efficiente e nemmeno quanto sia efficace, ma quanto sia complessivamente abile nel progredire il più rapidamente possibile verso gli obiettivi che creano valore per il cliente.