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Tags » ‘eccezioni’

Risolvere le issue di progetto e salvare progetti compromessi

April 16th, 2011 by

Domenica scorsa ho avuto modo di sperimentare molto in pratica come una issue totalmente imprevista (il caldo intorno ai 30°C ad aprile) possa mettere compromettere completamente il rollout di un progetto (la mia maratona di Milano, che avevo preparato con tanta cura). Non che il caldo sia arrivato proprio all’improvviso, ma quando si è saputo che sarebbe arrivato era ormai troppo tardi per adottare misure preventive e non restava che provare a gestire la situazione.

7143699_sE così domenica mattina mi sono avviato verso la partenza cercando di capire quale potesse essere una strategia sensata per mettere in pratica tutte le raccomandazioni di prudenza del mio allenatore. Avendo come sempre suddiviso la prova in fasi (due fasi iniziali di 10 km ciascuna, seguite da 4 fasi di 5 km ciascuna e un ultima fase di 2.195 km) ho pensato che nella prima delle fasi  avrei tenuto più o meno il ritmo previsto, cercando di approfittare del clima relativamente più fresco e ventilato. Così ho fatto anche se al decimo chilometro, mentre facevo il mio primo consuntivo e valutavo i margini di tolleranza sul ritmo tenuto e il budget di rischio ancora a disposizione, mi sono reso conto che stavo consumando più effort del previsto e per le fasi successive ho deciso di abbassare il ritmo di 5 secondi al chilometro. Mi sembrava una buona stima per una buona valutazione del rischio e invece il calcolo era di nuovo errato: al km 29, sotto il sole a picco, è sopraggiunta inesorabile la issue di progetto, sono andato in crisi e mi sono ritrovato in eccezione con tutti i piani saltati.

Quindi al km 30 sono stato costretto a un SAL d’urgenza per capire se il business case del progetto stava ancora in piedi e per cercare di predisporre un exception plan. In quella situazione 12 km ancora da percorrere sembravano veramente tanti, il tempo finale non sarebbe stato buono e il punto era: vale la pena l’effort per l’unico beneficio residuo, ovvero quello di essere comunque arrivato in fondo? Ho pensato che sì, la soddisfazione di farcela comunque valeva lo sforzo e ho predisposto l’exception plan: ritmo blando, bagnarsi spesso, fermarsi a tutti i ristori, mangiare e soprattutto bere molto. Le tre fasi rimanenti (le due di 5 km e l’ultima di 2,195 km) a quel punto le ho collassate in un unica fase e ho ‘navigato a vista’, tenendo sotto stretto controllo le sensazioni.

Così facendo ho completato la mia maratona nonostante tutto, e in un tempo nemmeno così malvagio viste le circostanze. Certo, ho mancato l’obiettivo (e beneficio) principale che era quello battere il mio personale e questo mi costringerà a mettere in cantiere un altro progetto…..

Progetti e orario di lavoro

February 11th, 2011 by

Qualche tempo fa mi ha fatto riflettere una frase di una intervista a Manuele Bonaccorsi, autore di “Potere Assoluto”:

“Le eccezioni dovrebbero essere tali, invece in Italia il governo ne dichiara una ogni quattro giorni”

Non solo il governo, ho pensato io. Alla faccia del management by exception. E’ un nostro vizio tutto italico quello di considerare impossibile la programmazione e ineluttabile il passare da un’urgenza alla successiva. Uno scoglio culturale in cui mi imbatto tutti i giorni quando tento di far passare nelle aziende i principi del project management.

3211750_mLa memoria è andata allora a quel momento della mia vita in cui mi sono chiesto se fosse giusto lavorare fino a tardi alla sera, come allora facevo sistematicamente. Me lo sono chiesto sia perché il fare tardi al lavoro aveva ripercussioni sulla mia vita personale, sia perché mi chiedevo da un punto di vista metodologico se fosse corretto fare sistematicamente affidamento sull’orario extra per risolvere le situazioni di lavoro.

Viviamo in un ambiente lavorativo che ci mette sempre sotto pressione, nel corso della giornata siamo talmente inseguiti da mille cose urgenti da fare che spesso alla sera, riguardando alla nostra giornata, ci chiediamo cosa abbiamo fatto e rimaniamo con la sensazione di avere fatto nulla – a chi non è mai capitato?

Questa stessa sensazione è spesso la molla che ci spinge a prolungare l’orario di lavoro e fare tardi in ufficio, almeno per me era così. Poi un giorno qualcosa è cambiato. Con un collega ci siamo detti che dovevamo e potevamo programmarci tutto il calendario della settimana, anche il quarto d’ora che dedicavamo al “question time” per confrontarci e consigliarci reciprocamente sui numerosi progetti che entrambi seguivamo. Ci abbiamo provato e la vita di entrambi, per magia, è improvvisamente cambiata.

In realtà non ‘per magia’ ma perché avevamo scoperto, sarà banale ma per noi allora non lo era, che un minimo di disciplina migliora considerevolmente la qualità dalla vita e le modalità di lavoro, in una parola genera benessere. Da lì in poi è stato un susseguirsi di scoperte e ricadute positive: non si ‘perdevano più i pezzi’ dei progetti; riuscivamo finalmente a gestire le priorità, quelle vere, e non le urgenze; si riusciva a capire l’impegno effettivo da dedicare a ciascuna attività; si riusciva a trovare e misurare l’efficienza; e così via.

Dal quel momento ho cominciato a capire che se facevo tardi sistematicamente la sera era perché sbagliavo i miei piani.

Nel tempo ho poi messo progressivamente a fuoco anche quali sono gli antidoti per non ricadere nella spirale delle urgenze: non crearsi degli alibi per non fare quanto programmato qui e adesso, difendere la programmazione della propria agenda assegnando tutte le ‘urgenze’ che subentrano a slot di tempo definiti vicini o lontani nel tempo in funzione della …. vera urgenza (!) e delle priorità, agire in modo proattivo su tutti i fattori esterni che generano disturbo all’agenda, a partire dalla pianificazione iniziale e passando per una migliore gestione degli strumenti di comunicazione – telefono, mail, riunioni, ecc.

Più tardi, mettendomi a correre la maratona, ho anche trovato conferme nella programmazione sportiva. Confrontandosi con gli elementi fisiologici che determinano l’efficacia della corsa, se non si impara a gestire in modo rigoroso e disciplinato la propria ‘agenda cronometrica’, non si riuscirà mai a correre per intero una maratona. La natura non perdona, non rispettare l’ ‘agenda fisiologica’ anche di pochi secondi al chilometro può determinare il fallimento e non c’è ‘lavoro serale’ che permetta di recuperare.

Ora vivo e lavoro meglio, ho raggiunto un maggiore benessere tanto che riesco a dedicare le mie serate, oltre che alla famiglia, anche a …. scrivere gli articoli per il mio blog!