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Tags » ‘arti marziali’

I progetti e l’illusione del controllo

October 27th, 2012 by
I mesi scorsi ho attraversato un periodo di lavoro operativo sui progetti molto intenso, nei quali ho raccolto alcuni
spunti in merito ai quali sto preparando degli articoli per il blog. Ma in certi casi l’ispirazione arriva da dove meno ce
la si aspetta. Ultimamente ho avuto occasione di vedere molti film di animazione e mi ha colpito un passaggio del film Kung
Fu Panda, una spiegazione che il saggio maestro Oogway da al suo allievo Shifu nel momento del pericolo in cui quest’ultimo
dibita di potere mai trasformare Po, il panda protagonista della storia, in un guerriero capace di sconfiggere Tai Lung, il
cattivo di turno:
Il panda non adempirà mai al suo destino e tu al tuo se non rinuncerete all’illusione del controllo. Guarda questo albero
Shifu: non posso farlo fiorire quando mi aggrada e farlo fruttificare prima del suo tempo.
E all’obiezione di Shifu che l’albero non avrebbe mai potuto sconfiggere Tai Lung:
Può darsi di sì, se sei disposto a guidarlo, a nutrirlo, a credere in lui.
Anche quando si vuole formare le persone a svolgere un derminato compito aziendale, si incorre nell’errore di non
interpretare correttamente la situazione (in termini calcistici si direbbe, “non saper leggere la partita”), accanendosi
inutilmente per cercare di piegare la realtà a quello che si ha in mente, traformando il proprio progetto in una battaglia
persa contro i mulini a vento.
In questi casi è prorio vero che occorre rinunciare all’illusione del controllo, provare a capire le persone, a come
nutrirle e guidarle verso l’adempimento del proprio destino. Capendo quali sono le leve motivazionali profonde che spingono
le persone ad agire. Solo così si riesce a formare le persone a raggiungere gli obiettivi prefissati.
Shifu scoprirà che la gola per i biscotti fa eseguire a Po inconsapevolmente esercizi impensabili e usando quella leva
riuscirà a trasformarlo nel guerriero che sconfiggerà Tai Lung. Nella realta quotidiana aziendale comprendere quali sono le
motivazioni profonde che animano ciascuno dei propri collaboratori è un po’ meno banale che in un film di animazione, ma
nondimeno è il solo modo per ottenere il meglio da essi.
La mia personale esperienza mi fa rilevare anche che, una volta compresa la motivazione personale delle persone, molto
spesso la chiave del successo organizzativo è rimuovere i vincoli, magari autoimposti dalle stesse, che impediscono alle
persone di operare con modalità a loro congegnali. A quel punto diventa più semplice adattare i modelli organizzativi e
fare in modo che funzionino davvero.

Rimuovere i limiti autoimpostiDurante i mesi scorsi ho attraversato un periodo di lavoro operativo molto intenso su progetti che mi hanno fornito spunti per i prossimi articoli del blog. Ma in certi casi l’ispirazione arriva da dove meno ce la si aspetta. Ultimamente ho avuto occasione di vedere molti film di animazione che mi ero perso e mi ha colpito un passaggio del film Kung Fu Panda, una spiegazione che il saggio maestro Oogway da al suo allievo Shifu nel momento del pericolo in cui quest’ultimo dubita di potere mai trasformare Po, il panda protagonista del film, in un guerriero capace di sconfiggere Tai Lung, il cattivo di turno:

Il panda non adempirà mai al suo destino e tu al tuo se non rinuncerete all’illusione del controllo. Guarda questo albero Shifu: non posso farlo fiorire quando mi aggrada e farlo fruttificare prima del suo tempo.

E all’obiezione di Shifu che quell’albero non avrebbe mai potuto sconfiggere Tai Lung:

Può darsi di sì, se sei disposto a guidarlo, a nutrirlo, a credere in lui.

Anche quando si vuole formare le persone a svolgere un determinato compito aziendale si può incorrere nell’errore di non interpretare correttamente la situazione (in termini calcistici si direbbe, “non saper leggere la partita”), accanendosi inutilmente per cercare di piegare la realtà a quello che si ha in mente, trasformando il proprio progetto in una battaglia persa contro i mulini a vento.

In questi casi è prorio vero che occorre rinunciare all’illusione del controllo, provare a capire le persone, come nutrirle e guidarle verso l’adempimento del proprio destino. Capendo quali sono le leve motivazionali profonde che spingono le persone ad agire. Solo così si riesce a formarle e portarle a raggiungere gli obiettivi prefissati.

Shifu scoprirà che la gola per i biscotti fa eseguire a Po inconsapevolmente acrobazie impensabili e usando quella leva riuscirà a trasformarlo nel ‘guerriero dragone’ che sconfiggerà Tai Lung. Nella realtà quotidiana aziendale comprendere quali sono le motivazioni profonde che animano ciascuno dei propri collaboratori è un’attività un po’ meno banale di quanto non lo sia in un film di animazione, ma nondimeno è il solo modo per ottenere il meglio da essi.

La mia personale esperienza mi fa rilevare anche che, una volta compresa la leva motivazionale delle persone, molto spesso la chiave del successo organizzativo risiede nella rimozione dei vincoli, magari autoimposti dalle stesse, che impediscono alle persone di operare con modalità a loro congegnali. A quel punto diventa più semplice adattare i modelli organizzativi e fare in modo che funzionino davvero.

La maratona, le arti marziali e l’equilibrio energetico dei progetti

June 16th, 2010 by

Un collega (che in realtà poco sa delle arti marziali) mi ha fatto osservare l’altro giorno che a differenza delle arti marziali, che sono basate e favoriscono l’equilibrio energetico, la maratona no, “brucia” energia, è un’attività estremamente energivora. Devo ammettere che lì per lì mi sono trovato spiazzato da questa considerazione, mi pareva sensata e ineccepibile. Ho cominciato quindi a riflettere sull’equilibrio energetico all’interno delle varie attività, sportive e non, e sul senso stesso di equilibrio energetico.

Sono partito dalla constatazione che io sono in equilibrio energetico e, anzi, l’attività podistica mi ha favorito un maggiore equilibrio fisico e mentale a tutti i livelli. Il che sembra confermare l’ipotesi, non mia, che la maratona è una sorta di arte marziale, seppur in ‘salsa occidentale’, in contraddizione con quanto affermato dal collega. Ma dove trovare una spiegazione convincente? Ho provato ad affidarmi alla fisica riflettendo sui principi della termodinamica (vedi).

Cercando di semplificare, la fisica dice che data una quantità di energia immessa Q1 una macchina, per quanto efficiente possa essere, trasformerà in lavoro W solo una parte di questa energia mentre una parte Q2 sarà dispersa, tipicamente sotto forma di calore. Questo concetto descrive il funzionamento della cosiddetta “macchina di Carnot” e anche il corpo umano dell’atleta non sfugge al funzionamento di questo tipo.

Courtesy of Wikipedia

Schema della macchina di Carnot - Fonte: Wikipedia

In primissima approssimazione l’atleta durante la propria attività brucia energia (il pane e la pasta!), il Q1, ne trasforma una parte in lavoro (la corsa!), il W, e la restante parte la “butta fuori” sotto forma di calore Q2 che viene dissipato mediante il sudore.

A un’analisi più attenta ci si rende conto che l’energia non è trasformata tutta in lavoro utile in quel momento ma anche in lavoro ‘potenziale’, nel senso che nel corso del ciclo alimentazione-allenamento vengono immagazzinate in qualche modo energie sia fisiche che psichiche da utilizzare successivamente.

Un fattore ulteriore, comune ad altre discipline sportive, è che le energie fisiche e psichiche sono immagazzinate secondo modalità che permettano il loro utilizzo in modo molto direzionale e finalizzato.

Qui secondo me sta la vera analogia tra la maratona e le arti marziali: sono discipline che insegnano a gestire l’energia, a immagazzinarla per poterla utilizzare all’occorrenza, in una direzione bene precisa e con elevata intensità.

Sul suo interessante blog Formazione Marziale Walter Allievi fa al proposito una interessante analogia tra la metafora della maratona e quella del pugno:  in effetti quello che cambia tra la maratona e il pugno sta ovviamente nella velocità di erogazione dell’intensità, in un caso si parla di qualche ora nell’altro di frazioni di secondo, ma sempre di azione direzionale e intensa si tratta, sono momenti in cui si ‘spara’ fuori tutta l’energia che si è accumulata in allenamento, sia mentale che fisica.

Allenarsi a gestire i progetti è un po’ la stessa cosa ed entrambe le metafore ci aiutano: perché il project management possa essere efficace e incisivo, occorre che il project manager sappia preparare e gestire le risorse in modo da orientare lo sforzo di progetto nella direzione corretta, alla giusta intensità e al momento giusto. Per poterlo fare però deve essersi allenato lui e deve avere allenato la propria squadra a una corretta gestione dei equilibri energetici di progetto che non sono da considerare solo in termini economici e di business case, ma riguardano tutte le risorse coinvolte: umane, tecniche, organizzative e, certo, anche economiche e finanziarie.

Anche i progetti, in definitiva, sono soggetti alle inesorabili leggi della termodinamica, anche se spesso tendiamo a dimenticarlo, forzando equilibri energetici insostenibili e sorprendendoci poi se il progetto ‘scoppia’.